RELAZIONI E PROPOSITI

Organizziamo seminari,incontri e confronti a carattere e fini culturali e spirituali; quali: come agire per favorire l'avvento di un "Uomo Nuovo" in questo momento di grande crisi e trasformazione della Terra, quell' Uomo che sa vivere con totalità,intensità e pienezza, e che non si trascina dalla culla alla bara ma sa rendere ogni momento della vita una gioia, una canzone, una danza, una celebrazione.
L'associazione propone e diffonde insegnamenti e tecniche di meditazione.
Promuove lo studio di vari aspetti della realtà così come essa è rappresentata nelle tradizioni religiose e filosofiche di ogni epoca.
Sviluppa la ricerca nel campo delle tecniche di meditazione con riferimento alle sperimentazioni compiute dalla psicoterapia occidentale e alla tradizione di meditazione orientale.
Promuove la ricerca e l'uso di tecniche atte a sviluppare la consapevolezza e lo sviluppo armonico dell'individuo nella sua multidimensionalità di corpo,mente e spirito, organizzando gruppi e ritiri individuali di meditazione , gruppi e sessioni individuali di tecniche corporee, gruppi di attività ricreative.
Tutto ciò in incontri a giorni alterni, per tre volte a settimana, esclusi vari seminari nei week-end organizzati di volta in volta secondo le esigenze.

domenica 9 giugno 2013

L'ultima Thule - Storia interiore di un io probabile.

Prefazione:

Thule è un imprecisata regione ghiacciata ai limiti estremi del mondo settentrionale, ultimo mitico villaggio alla periferia del mondo, dopo di quella solo neve e ghiacci, distese bianche e infinito.


L'incontro con l'orizzonte designa un luogo inesistente, dove gli elementi comandano ancora sull'essere umano e gli promettono il senso della vita che si va cercando, ci si spinge sempre più in alto dove "l'alto" contiene una laica sacralità diffusa, dove l'elevazione spirituale trova il proprio regno.


Nel congelamento bianco, è come se il tempo uniforme e costantemente votato alla morte si fermasse e diventasse indefinito.


Là tra ghiacciai e spoliazione, sotto cieli di aurore boreali, il passo per sentirsi parte dell'universo è estremamente facile.

Perdere la propria umana limitazione è possibile perché si sente pulsare corpo e mente perfettamente in sintonia con sistole e diastole del mondo vivo e perenne. Un luogo astrale, una città dell'anima.


Quella è anche la rotta degli entronauti di chiunque scende in profonda meditazione in se stesso, nel proprio centro.


Scendere giù all'inferno per elevarsi su vette ancestrali... è così che accade, bisogna andare indietro nel tempo, rifare in senso inverso il cammino della propria storia e andare oltre, con coraggio e determinazione. Più si scende più ci si eleva, è un evento simultaneo, le radici scendono in profondità e l'albero si eleva sempre più in alto.


Un viaggio all'estremo del possibile umano per ritrovare la propria identità smarrita là nei labirinti dell'ego.


Il bianco non concede scampo, il bianco è la somma di tutti i colori, il bianco è la perfezione, è l'innocenza sia che splende al sole, sia che riverberi nella notte. Non una valle fiorita piuttosto la purezza del candore della verità. Non preghiera o candele ma intuizione intelligenza  e discernimento, custodi di ghiaccio della propria eternità.


L'ultima Thule è l'ultima metà dell'uomo, nudo e crudo. Dopo di quella, solo neve e ghiacciai sconfinati.




Un uomo ritorna in patria. Tutto tace. Silenzio, solitudine, indifferenza del mondo, immobilità dell'anima.                             Ricordo di un bambino turbato dalla stretta di mano di una madre ancora giovane, gli uomini dallo sguardo scolpito li guardano andare al loro giorno......
Oggi il bambino è un uomo, fuma e beve in un'osteria squallida e ha già chiuso le sue porte sulla vita; il sole illumina le grandezze del mondo che non riesce ad afferrare, soltanto il buio lo fa rivivere ancora....Perché ti guardano mamma? la madre non risponde, il bambino capisce che non deve sapere; la sera il padre beve e bestemmia, lui piange in silenzio nel buio.....
Indifferenza del destino? no!  visto che in seguito ne sentirà il veleno! allora dov'è la verità di una vita? forse nei ricordi di una donna perduta? o nel bicchiere che riflette l'immagine dell'uomo?...è stato detto che nella nascita c'è sempre un qualcosa di particolare che Iddio regala ad ogni uomo;altre volte che in fin dei conti tutto è uguale sotto il sole.....
Lui era stato per il mondo quello che la miseria della vita gli imponeva di essere; cresciuto solo,unico figlio,
tra i calci del padre e gli insulti dei conterranei, aveva offerto il corpo alle torture della vita, e l'anima alle ferite che Dio infligge a quelli che preferisce...Una madre indifferente è una madre assente....Lui aveva preso coscienza della sua tragedia, nell'assurdo di un'altra tragedia ....Ricordava a sbalzi, le gocce di sangue che scivolavano lungo il braccio, il vento nella notte, e il viso dell'uomo privo di vita ; le stille di sangue cadevano a una a una sulle mattonelle di granito scuro, la pioggia nel camino mandava leggeri sfrigolii e dalla pozza di sangue sotto il cadavere saliva un velo di vapore sottile. 
Era insorto, il ragazzo era diventato un uomo. Con gli occhi perduti e lo sguardo assente aspettava il nuovo brivido che lo avrebbe sprofondato; bruciava di un'immensa collera oscura, coi pugni stretti eil sangue che gli batteva violentemente dentro il capo; capiva di aver finalmente stroncato un equilibrio e per la prima volta nell'innocenza del suo cuore sentì che la sua sorte era già decisa.
Adesso si muove nelle stanze come un'animale che l'abitudine ha reso guardingo; sette anni in una prigione ti insegnano il silenzio e l'apprendimento che ne scaturisce....Aveva preso coscienza dell'indifferenza del cielo, e di una smisurata e ardente solitudine senza fervore, in cui si dissetava tutta la sua infelicità....Davanti ai suoi occhi sul muro di pietra viva, qualcun'altro altro prima di lui aveva scritto  "No" a caratteri di sangue....nel suo cuore oppresso, come un mare di stelle, qualcosa navigava......
La tragedia di un uomo si misura dal non potersi scegliere il proprio destino e che di solito il destino non rientra mai nella misura dell'uomo tant'è che grandi figure del passato e del presente non erano affatto all'altezza del proprio,parimenti altri ancora se lo hanno dovuto creare.
Questa verità, affondata con violenza nelle profondità del suo essere, aveva bisogno di un corpo eccezionale che la sostenesse; lui lo aveva avuto e con esso la tenacia incrollabile di un dio sventurato.
Aveva dimostrato a se stesso quanto tempo necessita  a un uomo prima di dichiararsi sconfitto, ed era arrivato persino a scacciare l'amarezza che prova ogni anima torturata nel considerare quanto di vile e di iniquo ci sia nelle condizioni di crescita di un bel destino; quella sòrdita e ributtante maledizione secondo cui i poveri finiscono sempre in miseria la vita che hanno cominciato nella miseria.
Privo di libertà, incalzato a sopravvivere e a lottare si era ritrovato solo. Lei lo aveva presto abbandonato nella ricerca di una serenità nelle braccia di un altro uomo e nel ventre caldo di un'altro paese.
Aveva compreso, lui riusciva suo malgrado quasi sempre a comprendere. La sua indulgenza scaturiva dall'indifferenza e dall'apatia che fluttuava negli abissi più profondi della sua anima e nei sentieri oscuri delle sue sventure.
Ad un certo grado della disperazione il dolore e la regione si mescolano più dell'amore e l'odio e l'intelligenza si pasce da sola di se stessa.
In quell'orrore, nelle notti di luna, dalla sua cella guardava il cielo, sentiva che qualcosa gli scavava dentro come una fame dell'anima. Immagini della sua vita gli gonfiavano gli occhi , in lui qualcosa  implorava gesti di donna ,braccia che si aprono e labbra tiepide; si avvicinava alle sbarre e vi poggiava  la fronte umida, facendovi scorrere sopra le tempie doloranti, placava sul ferro freddo la febbre della sua carne...Esausto restava così fino al mattino, portando con se nel  dormiveglia il dolore di quel che significava per lui la negazione della libertà e il suo desiderio di continuare a lottare nella dignità e nel silenzio.
  Oggi ritrovava la sua solitudine, ma questa volta nella soddisfazione.
L'uomo ha preso coscienza della propria rivolta, e vaga nell'alba nelle strade umide di rugiada come un animale inquieto a cui la notte ha rubato la luce,  un cieco che vuole vedere....la vita come ogni opera d'arte esige che vi si rifletta per trovare una norma di azione e giustificarne le azioni fino a quel punto....da questo combattimento, odio contro odio, bestia contro bestia, succede a volte che ne esca fuori l'angelo, integro delle sue ali, della sua aureola e della sua felicità sotto la tiepida brezza del mare.
In quella cella fetida aveva sognato tanto, ora voleva essere il sogno della sua vita.
Era sempre stato sostenuto da un'incrollabile fede nella libertà e nell'innocenza, e ne aveva fatto una ragione di vita; oggi fra gli ulivi del villaggio e il mare,ambiva una ragione per sopravvivere:riconciliarsi col mondo alla luce della vita, guadagnarsi l'amore di una donna e la stima e l'amicizia degli uomini...queste semplici emozioni apparivano come una crociata alle stelle.
 La prima evidenza che gli si presentava nell'esperienza assurda della sua vita, era che la stessa ragione per vivere diventava la stessa per morire, la seconda che non si sfugge al proprio destino e che tutte le morti sono suicidi o assassinii, e in genere entrambe follie di una stessa medaglia....come sfuggirne la meccanica?
  Consapevole di una colpa  agli occhi del mondo, bruciante di passione, innocente nel profondo del cuore, navigava nell'alba e nel sole del villaggio in collina. Il sole ruotava da levante a ponente, attorno alle colline e sul mare, la terra esalava un profumo di muschio e di erba che gli penetrava le narici e gli colmava il cuore di emozioni dimenticate.....Rinascevano con lui delle gioie intatte di cui misurava esattamente la risonanza.
Avrebbe potuto partire e vagare nel mondo, avrebbe potuto fare questo e fare quest'altro....si sarebbe trovato in ogni modo ad affrontare quella medesima angoscia del suo intelletto avvelenato.
  E' stato detto che l'opera d'arte nasce dalla rinuncia dell'intelligenza a ragionare sul concreto; ma se è vero che essa non offre una via d'uscita al male dello spirito e lo consolida e lo cristallizza, è anche vero che fa uscire lo spirito da se stesso e lo pone di fronte agli altri e al proprio  destino.
Nella follia di vita che faticosamente si era trascinato dietro, non era mai riuscito a portare avanti quello per cui era nato....aveva visto suo padre massacrarsi nel bere, la sua donna partire con un'altro uomo, gli occhi del mondo, sua madre, l'ingiustizia divina scavargli la pelle; aveva compreso che per ammazzare un uomo non c'è bisogno di grandi motivazioni o grandi rancori; sono gli idealisti a rovinare tutto...un insulto buttato a caso, un sorriso decifrato a scherno, vanno altrettanto bene all'occorrenza e all'occorrenza una donna è quasi sempre un alibi eccellente.
  Incapace di piangere, nei momenti atroci e sempre uguali della sua condanna, la sua rabbia si colmava di riso e di indulgenza verso gli uomini e se stesso...davanti alle sciagure degli altri la sua disgrazia perdeva in valore quello che guadagnava in perizia. Altre volte provava contrito ad arrestare il flusso dirompente delle sue angosce e delle sue miserie, allora impegnava l'intelligenza con argomentazioni illogiche e paradossali, un uomo ha un'anima e un'anima ha un uomo o due o ventiquattro ...tutto stava nell'attenuare la passione contenuta di vita che traboccava fuori dal suo essere e il fluire del sangue che gli bruciava nelle arterie e incessante gli rimbombava sulle tempia......sentiva in quei momenti, come sarebbe stato facile se solo si fosse l'asciato andare, sconfinare in una dimensione ignota di incertezza e follia....attento allora, numerava le mattonelle piccole e rossicce della sua cella e le moltiplicava all'infinito...finché non riuscendo più a starci dietro con il cervello, si addormentava spossato.
Dell'ingiustizia del mondo l'onnipotente non c'entra,...sono gli uomini gli unici responsabili del male. La menzogna ha un odore di terra bruciata, e il suo colore è il colore del sangue del mondo.
Oggi ritrovando se stesso aveva bisogno di vedere chiaro intorno al suo mondo.
La strada incassata, stretta fra i rossicci muretti di campagna, si apre sulla verde distesa della vallata, qualche sasso scintilla, un pezzo di vetro o un ritaglio di latta luccica; dalla terra e dal mare,dall'aria infuocata e dal cielo viene giù una specie di fervore enorme, assordante, non è un canto che si leva nell'aria, è un ruggito universale di cicale. Gli occhi percorrono la campagna e il piano fitto di muri giallo e rosa e di casali ammucchiati, le ciglia appiccicaticce dal sudore fanno fatica a rimanere aperte,in  quel torpore assapora l'unica gioia che conosceva in sintonia con la terra, finché lentamente tutto si va spegnendo e non rimane altro che quel grande respiro del mondo, come un vento leggero che viene dal mare.
  Certe volte, nella calura afosa dei pomeriggi d'estate, il bambino volava scalzo e furtivo sulla rocca normanna, ai limiti del villaggio; combatteva in quelle ore una nostalgia di affezione che gli deteriorava il cuore....masticava ora la menzogna, ora la verità del suo dolore; il sole abbagliava la pianura, e il campanile della torre rimbombava nella solitudine,perduto su di una pietra differita dalla roccia, considerava con lucidità estrema l'estraneità che cominciava a crescere nel profondo del suo essere verso il mondo e gli uomini che lo colmavano. Attendeva in questo modo la sera e una madre che si dava nella misura stessa in cui gli sfuggiva...se non ci fossi tu, diceva, e gli occhi del bambino si stringevano e diventavano piccoli piccoli, due fessure....una roccia che si frantumò ai piedi del Golgota.
  Suo padre la massacrava di botte colpendola sul viso e sulle mani, il villaggio eruttava sentenze, la miseria e la fatica aleggiavano su tutta la sua vita.
un giorno non potendone più, era partita e non era più tornata.....suo padre aveva scatenato la sua furia omicida e tirannica sul prossimo. Certe notti lo ascoltava singhiozzare nel buio, certi giorni lo aiutava a tirarsi fuori dal fango della strada...era suo padre in fondo e lui era già un ragazzo...finché non lo avevano trovato schiantato con le braccia aperte in fondo al precipizio...In certi casi ci vuole più coraggio a vivere che ad uccidersi.
  Da allora, giorno dopo giorno, fra gli insulti dei conterranei,lentamente la sua rabbia cresceva indomabile  rimordendolo dentro, sentiva che la sua volontà cedeva, l'anima sua cedeva non poteva resistere....avrebbe voluto urlare, eludere, implorare...lui solo aveva coscienza della furia e del dolore che l'intelligenza arginava...
gli dei che gli bruciavano dentro lo scaraventarono nella taverna, e nell'immagine di cristallo, nella gelida apoteosi di una rivendicazione divina, comprese che tutto, tutto doveva essere consumato fino in fondo, per stroncare finalmente in bene o in male, l'atroce maledizione che si trascinava dietro.
Poi dall'omicidio al suo momento attuale, il tempo ne aveva scolpito la storia.
Oggi un nuovo misticismo era sorto dalle sue viscere, e nella sua misura di uomo si ritrovava di fronte al mondo e a se stesso. Seduto  su di una roccia di cui sentiva sotto le dita la faccia ruvida, guardava il mare che silenziosamente si gonfiava sotto la luce della luna, l'incanto della penisola sorrentina instradava la luce verso le isole, e la pianura coperta da milioni di lucciole urtava le sponde della massiccia figura del vulcano, che sfidava la notte e il cielo stellato, la vallata sotto i suoi occhi brillava di ombre evanescenti, e il villaggio era un pugno divino proteso verso una vita a lui così estranea...un'estraneità atavica, scaturita da un'indifferenza genetica e priva di solitudine, che forgiava nell'animo frammenti di quella pace a lungo agognata. Con l'estremo distacco in cui rimaneva avvolto tutto il suo essere, giudicava e assolveva per la prima vola un dio che non lo aveva mai risparmiato.Ricordò quando giovane aveva cominciato a scolpire la roccia sul monte e a creare figure di granito smisurate, e come poi , quegli uomini, con la dinamite al seguito,
avevano fatto esplodere nel vento il dirupo  per liberare la strada carraia dalla valanga di rocce e terriccio che la tormenta aveva trascinato a valle....una creazione assurda la sua! ancora meno strana e misteriosa di quel profilo dell'universo che si stendeva davanti ai suoi occhi..il suo mondo, il suo destino,e lo amava nella misura stessa in cui lo disprezzava.
  In questa guerra titanica fra la sua tenacia e le sue sventure, sentiva che oggi non ne temeva più affatto le sofferenze e la sconfitta ineluttabile, ma, ne avrebbe affrontato con rinnovato coraggio le avventure e le scoperte: Doveva rimanere fedele a se stesso.
  Dalle colline al mare, dal mare al cielo, una mano ancestrale eruttò nel crepuscolo un boato apocalittico, una luce accecante e sovrumana inondò la terra e il suo cuore sopraffatto; nubi nere, perdute sul mare arrancavano decise sull'orizzonte ottenebrando l'universo e la sua calma incoscienza.
  Qualcosa dentro di lui bruciava, sentiva il ventre oppresso e lo sguardo febbrile...,la sua rivolta fra gli uomini scoppiava,avanzava ,prendeva forma...e, nell'esortazione ardente del suo cuore, prese coscienza della verità estrema che scandiva il suo essere...era fra gli dei che scatenava la sua sfida......
Provocato a combattere avrebbe affrontato la lotta all'estremo del possibile umano...e poi ci sono uomini che preferiscono morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio.
Ripensò a quella donna che aveva alimentato in un'altra vita la luce del sangue alle tempie, un'ombra vaga e lontana si soffermò nei suoi pensieri.....non ci sono nella vita verità  supreme, grandi amori, grandi rancori, grandi pentimenti; si dimentica tutto, c'è soltanto un certo modo di vedere le cose e una verità che se la vedi esiste ed è dappertutto ....e se non la vedi non puoi farci niente....e allora si dimentica tutto, e rimane soltanto un certo modo di vedere le cose e una mezza verità che ogni uomo si conquista per dimostrare a se stesso di aver realizzato qualcosa, è questo il triste e l'esaltante della vita; ricominciare sempre!
  Ignaro quel' uomo, aveva donato la sua anima e avvenire alla sua vita e al suo coraggio. Lui era morto e risorto, aveva sbagliato e pagato, non si poteva chiedergli di più. Poteva riconciliarsi al suo mondo!
  Dal fondo della notte e della vallata deserta, un'odore di stelle e di nulla,,come un'oscura premessa di pioggia si libra nell'aria  più fresca delle tenebre...si leva  dal mare e sale piano alle stelle ritmato e melodico...è sempre lo stesso respiro della terra che vaga da stella a stella e non dice altro che una sola verità..(.non Uno). sperdute fra le pianura e il mare luci basse e multicolore sostengono tenaci i misteri e le angosce del mondo....quello che conta è creare, poiché è dall'opera d'arte che l'uomo tempera la sua anima
e ritrova la sua dimensione di vita. 
Abbandonato a se stesso il disco velato della luna, trasfigura lento e indomabile nel volto maestoso e profetico di una cicatrice evanescente scolpita nelle tenebre. Da questo amplesso d'amore di questa notte nera, fra la terra e il cielo, fra il cielo e le stelle, nasce lentamente dal cuore e ascende piano ardente e tenace, orgoglioso e ribelle il canto supremo della liberazione di un uomo....assieme ad una pioggia sottile, come aghi di pino profumato che comincia a cadere sul  mondo.
L'iperbolica antenna installata sulla torre era di quanto più estremo limitava la terra all'universo, milioni di sorrisi di cristallo dalla polvere dei secoli venivano giù dal cielo stellato....non era forse un'angelo che si attanagliava  all'acciaio? la furia cieca, il fiato corto, singhiozzava anche,assaporava finalmente la sua gioia, l'unica gioia  che conosceva, partorita dal dolore di una vita...e levando alte le braccia magre, nervose, lunghe, terminanti in artigli di animale selvaggio...benedisse il Signore.

sw Antar khirad

                                FINE PRIMA PARTE.........................CONTINUA..................
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  BHAGWAN SHREE RAJNEESH   celebrato all'unanimità dai propri discepoli di tutto il mondo con il nome di OSHO.
Chi sia Osho per voi che siete sul web è relativamente facile cercarlo e trovarlo e in men che non si dica scoprirete vita morte e miracoli vi è sufficiente il mouse.
Più difficile è iniziare a provare e sperimentare le varie e tante tecniche di meditazione di questo maestro di realtà, che sottintendono  la consapevolezza, il silenzio, il rilassamento, e la padronanza di alcuni stati mentali ed emotivi come rabbia, angoscia, depressione, frustrazione eccetera.
Per questo c'è bisogno di un piccolo aiutino da parte di qualcuno che in forma diretta abbia meditato.
nella fattispecie è quello a cui noi siamo preparati. Comincia col seguirci  e vedrai che ti si apriranno nuovi orizzonti e una visione della vita, sulla quale potrai fare sicuro affidamento ed integrarti in quanto essere umano e spirituale al di là di ogni limitazione e divinità..... e ricorda.....UMILIA GLI DEI CHI VUOLE DIPENDERE DAGLI DEI.







                                                                                 

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